E’ ancora la riforma dei porti a tenere banco. Ieri abbiamo dato notizia della proposta del Presidente della Regione Liguria Claudio Burlando di convertire le Authority portuali in S.p.a pubbliche in modo da rilanciare una volta per tutte il sistema portuale italiano. Ma il modo e l’utilità di questo possibile cambiamento sono ancora avvolte da contraddizioni e aspetti poco chiari. E’ per questo che vorremmo cercare di capirne qualcosa. Come ha spiegato infatti l’avvocato marittimista Francesco Munari su http://www.themeditelegraph.it si tratta di smontare il mantra ripetuto fino alla nausea anche in altri settori della vita economica secondo cui la nascita di nuove società per azioni nella gestione dei porti possa favorire di gran lunga la governance del settore rispetto alla lenta e farraginosa amministrazione pubblica delle Authority.
In realtà, secondo Munari, cambierebbe poco o quasi niente. Il perché è spiegato dal fatto che le nuove S.p.a non sarebbero affatto esentate dai controlli, dagli obblighi di trasparenza e dal monitoraggio contabile da parte della Corte dei Conti come del resto spetta alle comuni amministrazioni. Inoltre la stessa autonomia finanziaria in termini di bilancio sarebbe molto difficile da giustificare agli occhi delle normative europee in merito. Che si tratti dunque di un cavallo di troia per una futura definitiva privatizzazione dei porti e la conseguente patrimonializzazione del demanio? Secondo l’avvocato Munari bisogna comprendere la proposta secondo questa prospettiva. Per noi forse anche. Quello che però vogliamo sapere è perché invece di rafforzare le Authority che nonostante tutte le difficoltà hanno tenuto, chi più e chi meno sia chiaro, le redini del sistema portuale italiano in questi anni, si scelga di fare un vero e proprio salto nel buio.