A parlare, in una dettagliata dichiarazione resa all’ANSA, è il Presidente dell’Autorità Portuale Luigi Merlo che, a margine dell’intervento del Sindaco Marco Doria in Consiglio Comunale, è intervenuto per sottolineare quali siano secondo l’Authority le priorità per Genova che sono state segnalate alla Presidenza del Consiglio.
Al primo posto c’è l’aggiornamento della diga, un obbiettivo condivisibile e fondamentale per il flusso commerciale del più grande porto d’Italia. Tra gli obbiettivi strategici indicati da Merlo c’è anche il nuovo waterfront progettato da Renzo Piano, definito “un progetto importante per la città, prioritario e strategico”. Il progetto prevede l’allargamento del quarto bacino di carenaggio e con la ricollocazione dei circoli nautici (che attualmente occupano spazi di cui hanno bisogno le aziende di riparazioni, ndr). Il piano comprende anche la costruzione, nell’area della Fiera, della nuova torre piloti del porto, in sostituzione di quella abbattuta con il tragico incidente della portacontainer Jolly Nero. Oltre a ciò è previsto l’escavo, in fasi successive, di un canale di 3 chilometri, che farà ritornare il mare lungo tutto il percorso (attualmente tombato) tra la Fiera di Genova (cioè la Foce del torrente Bisagno) e il porto antico. Un canale che sarà possibile percorrere a piedi, in bici e in barca e che creerà tre isole, collegate con ponti alla passeggiata, nella zona dove oggi si trovano le riparazioni, in quella della Fiera e nel porto a calata Gadda.
Solo il quarto bacino di carenaggio, la nuova torre piloti e la ricollocazione dei circoli nautici avranno un costo (fonte Sole 24 ore) tra i 120 e i 140 milioni di euro, coperti in parte dall’Autorità Portuale, in parte con interventi pubblici. La realizzazione di tale progetto è fattibile però solo se si procede alla demolizione di circa 48 mila metri quadri di volumi esistenti.
Non è certo compito di questa testata criticare il progetto, indubbiamente validissimo, di uno dei più grandi architetti a livello mondiale. Fermo restando quindi che riteniamo importante per la nautica una riqualificazione dell’area, vogliamo però offrire un punto di vista diverso, che stimoli la riflessione sulle priorità di Genova e della Liguria in generale. Parlando delle esigenze urgenti di questa regione ovviamente sfociamo in un campo che va ben oltre le competenze dell’Autorità Portuale, che giustamente e in linea con il suo mandato si concentra sulle opere che riguardano il comparto della nautica.
Se il Governo però, che si occupa anche di tutto il resto e a cui è rivolta la nostra riflessione, avallasse interventi pubblici per un progetto come il waterfront, la domanda sorgerebbe spontanea: ma abbiamo veramente bisogno adesso del waterfront, o sarebbe meglio prima occuparsi del dissesto idrogeologico, della messa in sicurezza dei rivi, della situazione disperata delle ferrovie in Liguria? Il progetto di Piano poi, non è l’unico esistente per la zona in oggetto, recentemente abbiamo segnalato quello degli architetti Roberta Ruggia Barabino e Massimo Sotteri. Sul tema waterfront avevamo sentito anche l’ingegnere Brigante, responsabile servizio tecnico e logistica di Fiera di Genova, che, fermo restando il fascino del progetto, aveva espresso delle perplessità circa i tempi e le modalità di realizzazione, in una zona dove non si possono certo fermare le attività fieristiche.
Il punto a cui vorremmo arrivare seguendo il filo logico della nostra riflessione è che il Governo, si badi bene che la riflessione non è rivolta all’Authority, dovrebbe veramente valutare quali siano le priorità di questa regione e di questa città. La ripresa della nautica, e dell’economia in generale, è giusto che passi dagli investimenti, sia privati sia pubblici, in opere come il waterfront di Renzo Piano, ma gli investimenti vanno fatti su un territorio prima di tutto sano, non gravemente malato come quello della Liguria. Ritrovarsi con un waterfront avveniristico, con tanto di canale di 3 km tra la Fiera e il porto Antico, per poi vedere le prime piogge autunnali causare miliardi di euro di danni e disperazione tutto intorno, sarebbe francamente l’ennesimo paradosso della nostra Italietta. Ma del resto, siamo il paese in cui un treno da Torino a Palermo si perde per strada in un viaggio della speranza senza fine, ma spendiamo miliardi di euro per la realizzazione della TAV. E così sia.
Mauro Giuffrè